sabato 7 giugno 2008

MIRAGGI IN CARNE ED OSSA

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Appoggio le mani sulla balaustra placcata di simil-oro per affacciarmi sulla platea. Sotto di me un insieme di teste ordinatamente composte in file parallele, tutte caratterizzate da differenti peculiarità. Mi è possibile scorgere nel buio della sala quelle dei signori, canute, chiomate o calve che siano, ma tutte impomatate al limite delle proprie possibilità, e quelle delle rispettive signore, fresche opere di parrucchiere forse troppo poco zelanti nell’uso della loro arte acconciatoria.

Questa selva di tipologie umane ha una sola caratteristica in comune: contravvengono tutte alla moda e alla buona creanza, infatti i loro copricapi non sono dove dovrebbero essere, bombette, berretti ed alte tube non dominano i loro crani, ma sono tutti disposti accuratamente sulle gambe dei loro proprietari, per non ostruire la vista delle persone sedute alle loro spalle.

Mentre mi domando cosa li abbia portati ad assumere un siffatto contegno, aguzzo la mia vista ormai abituata al buio della sala per scorgere i loro visi e noto che tutti sono posseduti da espressioni alquanto inusuali. Chi non può fare a meno di tenere la bocca costantemente semiaperta preda di un moto di stupore, chi sorride con la stessa gioconda felicità di un infante, e chi è totalmente inespressiva, come se non riuscisse a captare le informazioni trasmesse dal cervello, oppure, al contrario, totalmente concentrata in questo intento al cospetto di un qualcosa di nuovo.

Così scopro che tutte queste persone hanno un’altra caratteristica in comune oltre a quella citata all’inizio. Sono lì tutte per assistere ad un’arte nuova. Ed i loro visi sono illuminati dalla luce di quest’arte nuova. Nuova e totalmente rivoluzionaria.

Quando decido finalmente di volgermi verso il fondo della sala affollata inizio a capire.

Ad attraversare la sala, proprio sopra i sopraccitati crani degli spettatori, una scia di luce reclama le proprie velleità di protagonista, e va così a segnare un percorso che, inaspettatamente, conclude la sua irrisoria corsa di sopravvivenza contro la liscia, candida ed in proporzione immensa superficie di un telone.

Su di essa ha inizio tutto. E ci metto un po’ di tempo ad accorgermene. Inizialmente tutto è luce. Illuminato e chiaro.

Poi un nuovo colore inizia ad emergere dalla sovranità del bianco. Infatti un nero, del tutto divergente dal colore primario che domina lo schermo, inizia a formare su di esso delle linee primarie, dei profili di forme. A seguirlo varie sfumature di grigio danno completa consistenza alla scena rappresentata.

Amalgama di colori che danno vita all’esistenza di persone che non sono lì fisicamente, ma respirano, vivono emozioni, amano e muoiono in maniera molto più intensa e vera delle stesse persone che, al di fuori dello schermo, assistono alla rappresentazione di questi accadimenti e situazioni posticce.

Sullo schermo accade quanto di più vero e reale possa mai accadere in un mondo fatto di vera carne e materia.

Il matrimonio del bianco e nero, per quanto composizione di tonalità di colori basilari, creano infinite percezioni di un mondo che racchiude in sé stesso mille percezioni in una.

Probabilmente sono solo visioni. Di principi. Di malavita. Di innamorati. Di avventurieri. Di Dei. Di reietti. Ma questi miraggi, le cui scene sono scandite dall’esecuzione a volte drammatica ed a volte estatica di vari temi musicali, riescono ad intrappolare la mente del fino allora incolto spettatore, in un susseguirsi di vicende ed emozioni che, alla fine dello spettacolo, farà rimpiangere il pubblico del loro brusco ritorno alla realtà. Del ritorno alla loro carne. Ai loro vestiti. Alle loro usanze. E, di conseguenza, ai loro compagni di vita. Dopo che il bianco scrive sul nero la parola “FINE” è proprio dura accorgersi di essere ancora lì seduti e di non far parte fattivamente delle scene alle quali hanno assistito. Ma poi sorrideranno. Perché hanno avuto la fortuna di assistere alla rappresentazione di un’arte nuova. Che ha permesso loro, per la prima volta, di essere principi, malavitosi, innamorati, avventurieri, Dei e reietti. Anche solo per un’ora.